sabato 18 gennaio 2014

L'opera da tre soldi. Intervista a Franco Alfano

Di Aristide Fiore
Franco Alfano.
Franco Alfano
(foto : A. Fiore).
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 14 gennaio 2014, p. 17.]
Stasera al Teatro municipale Giuseppe Verdi di Salerno andrà in scena L'opera da tre soldi di Bertold Brecht, con le musiche di Kurt Weill. L'allestimento è nato da un'idea di Elena Scardino e Franco Alfano, al quale abbiamo chiesto di illustrarci i dettagli del progetto.
Questo allestimento dell'Opera da tre soldi è il punto d'arrivo del laboratorio Il teatro degli attori, organizzato dall'associazione Mumble Rumble. Con quali finalità?
Si tratta di un progetto realizzato dall'Arci Mumble Rumble Teatro Comico Salernitano, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Salerno, con l'obiettivo di coinvolgere attori già noti ed esordienti in un'esperienza comune, in modo da valorizzare le potenzialità artistiche della comunità cittadina e favorire la scoperta di nuovi talenti. Da questo punto di vista, anche la rassegna presentata la scorsa estate al teatro Ghirelli, che ha riscosso un buon successo di pubblico e di critica, ha dato buoni frutti,in quanto ha permesso di selezionare alcuni giovani promettenti. La proposizione dell'Opera da tre soldi costituisce una fase ulteriore del cammino intrapreso, che si rende necessaria, visti i risultati precedenti e tenendo presente che l'utilizzo del Massimo cittadino per iniziative di questo genere risale ormai a una ventina d'anni fa.
Locandina.
La locandina dello
spettacolo, disegnata
da Bruno Brindisi.
Quali motivazioni hanno determinato la scelta di Brecht?
Indubbiamente le tematiche trattate da Brecht, e in particolare quelle dell'opera che ci accingiamo a rappresentare, risultano ancora attuali. L'impressionante analogia tra criminalità e mondo della finanza è sotto gli occhi di tutti, così come la diffusa ipocrisia che pervade la società contemporanea. Si potrebbe dire che i mali denunciati dal Nostro autore, non solo sussistono, ma si sono addirittura accentuati.
Rappresentare Brecht comporta l'adesione al concetto di “teatro epico”, basato sull'effetto di straniamento, che permette allo spettatore di non immedesimarsi nei personaggi e di evitare di sentirsi coinvolto nella vicenda, in modo da favorirne l'atteggiamento critico nei confronti dei temi trattati. La scelta di innovare l'apparato didattico predisposto dal drammaturgo tedesco (i famosi cartelli che commentavano l'azione) è dettata dal semplice intento di introdurre delle novità o è finalizzata a potenziarne l'efficacia?
Abbiamo deciso di veicolare il messaggio brechtiano servendoci di alcuni linguaggi propri dei media contemporanei, come il fumetto (i disegni di Bruno Brindisi) e la grafica (le “visioni di sabbia” di Licio Esposito), così come i riferimenti al cinema di Tarantino, allo scopo di rendere quest'opera più attraente e interessante. Sotto questo aspetto, riteniamo di aver rispettato, se non la lettera del testo, le reali intenzioni dell'autore. Naturalmente abbiamo operato anche dei tagli per rendere la rappresentazione più recepibile. D'altronde al giorno d'oggi si ricorre spesso a questo accorgimento, anche quando si rappresenta Shakespeare.
Al di là delle analogie tematiche e stilistiche fra il Cinema di Tarantino e il teatro brechtiano e dell'esigenza di proporre un classico del teatro novecentesco con un taglio contemporaneo, ritiene che tale scelta sia anche funzionale all'effetto di straniamento?

Certamente. Nel cinema di Tarantino, per certi versi simile al teatro brechtiano nell'ambientazione e nei repentini cambi di registro, da quello drammatico a quello comico, si respira un'atmosfera indefinita, almeno dal punto di vista temporale. Anche il modo in cui agiscono i personaggi sembra a volte poco aderente alla realtà. In definitiva, l'accostamento con Tarantino completa efficacemente l'insieme degli accorgimenti che intendiamo porre in atto per avvicinare i giovani al teatro e al mondo della cultura, in quanto corrisponde ai loro canoni estetici abituali.


Le visioni di sabbia di Licio Esposito in un recente spettacolo con Ciro Girardi.

Sul Flauto magico il sigillo di Pap Eri Samb

Di Aristide Fiore
Tamino.
Tamino (foto: A. Fiore).
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 12 gennaio 2014, p. 11.]
L’Orchestra di Piazza Vittorio, un encomiabile esempio d’integrazione culturale attraverso la musica, mette in scena al Massimo cittadino Il Flauto magico, ispirato all'opera omonima di W.A. Mozart: uno spettacolo completo che, confermando le attese, ha incontrato il favore del pubblico.
La rielaborazione musicale di Mario Tronco e Leandro Piccioni si spinge fino a costituire un caleidoscopio sonoro, che rispecchia, anche nella strumentazione, la varietà del retroterra culturale 
Papageno.
Papageno (foto: A. Fiore).
dei musicisti, i quali, come è noto, provengono da diversi paesi, così come diverse sono anche le lingue tramite le quali è raccontata questa favola musicale: al testo declamato in italiano da un vivace e spiritoso narratore, al quale sono affidate l'illustrazione della trama e il raccordo fra le scene, si alternano le parti cantate in arabo, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese ecc.
Lungi dal risultare frammentaria e incomprensibile, la versione dell'ensemble "romana", sviluppata a partire da un'intuizione di Daniele Abbado, celebra la bellezza e la ricchezza dell'odierna società multietnica, capace di amalgamare molteplici riletture di un classico e infondergli nuova linfa.

La regina della notte.
La regina della notte (foto: A. Fiore).
Il dubbio che si tratti di una semplice esecuzione dell'opera in forma di concerto è presto fugato dalle scenografie e dai ruoli degli stessi esecutori. Le proiezioni, coordinate su tre schermi, che combinano gli acquerelli e le animazioni di Lino Fiorito, trasportano immediatamente gli spettatori in una dimensione fiabesca e li conducono in luoghi immaginari, versione universale, più ancora che cosmopolita, dell'Egitto fantastico tratteggiato nel testo musicato da Mozart. Infine sono gli stessi musicisti che, semplicemente indossando i costumi di Ortensia De Francesco, danno vita ai personaggi, anch'essi trasformati, come l'inedito Tamino di Ernesto Lopez Maturell, virtuoso del fischio, e l'esilarante Papageno di Pap Eri Samb, che conquista subito la simpatia del pubblico ponendo in atto uno spiritoso espediente sonoro che cita lo spartito mozartiano. 
Pamina.
Pamina (foto: A. Fiore).
Felice, da questo punto di vista, anche l'interpretazione di Sarastro, un solenne Carlos Paz, che nella figura e nel portamento riesce a esprimere al tempo stesso sacralità e eleganza, miste a un'inquietante aria stregonesca. Si tratta tuttavia del Sarastro che impone le tre prove iniziatiche, lontano dall'atmosfera della scena precedente, nella quale si riassume il suo intervento risolutivo attraverso una divertente sequenza di diapositive, che ricordano i vecchi fotoromanzi. Si innesta così un meccanismo dissacratorio, che porta la Regina della notte, interpretata da Petra Magoni, dall'aura misteriosa e potente della prima parte al duetto finale con Sarastro, che sembra ambientato in un locale notturno cubano.
Sarastro.
Sarastro (foto: A. Fiore).
Anche l'epilogo della vicenda segue lo stesso schema, come mostra la sorprendente confusione di ruoli fra Papageno e Tamino, il quale finisce per concludere il celebre duetto con Papagena, letteralmente fusa con Pamina (Sylvie Lewis), davanti a un perplesso Papageno. Un colpo di scena che sembra voler affrancare la storia dall'originaria dimensione mistica, collocandola nella sfera concreta di un romanzo di formazione.

sabato 11 gennaio 2014

Il ghigno di Bertold Brecht: ecco L'Opera da tre soldi

Di Aristide Fiore
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 10 gennaio 2014, p. 9.]
«Che cos'è un grimaldello di fronte a un titolo azionario? Che cos'è l'effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca? Che cos'è l'omicidio di fronte a una vita da salariato?». La famosa battuta che Bertold Brecht fa pronunciare al bandito Macheath (Mackie Messer), nell'Opera da tre soldi è una sintesi efficace di una rappresentazione che pone in stretta relazione lo spietato mondo della malavita e il non meno spietato mondo degli affari. Il capolavoro brechtiano musicato da Kurt Weill, che sarà messo in scena il 14 gennaio al Teatro “Giuseppe Verdi” di Salerno, nell'allestimento curato dalla compagnia "Il teatro degli attori", è stato presentato presso il Palazzo di Città, con una conferenza stampa alla quale ha partecipato, insieme a organizzatori e interpreti, l'Assessore comunale alla Cultura Ermanno Guerra.
Secondo Franco Alfano, che ha curato la regia, la scelta di mettere in scena questo lavoro non è stata certo casuale, visti i temi decisamente attuali: l’immoralità, l’ipocrisia e la spregiudicatezza degli uomini in una società violenta, nella quale la lotta per la sopravvivenza è all’ordine del giorno. Nell'intento di proporre una lettura attuale dell'opera, è stato individuato un parallelo tra il teatro di Brecht e il cinema di Tarantino, accomunati dall'ambientazione (il mondo della malvita e, più in generale, i personaggi socialmente emarginati e privi di scrupoli, come i malviventi, le donne di malaffare, ma anche i poliziotti e gli uomini di potere corrotti) e dai rapidi passaggi dal registro tragico a quello comico. L'attualizzazione dell'allestimento ha riguardato anche alcuni aspetti paratestuali: i cartelli che Brecht faceva passare sul proscenio saranno sostituiti da performances artistiche: le “visioni di sabbia” di Licio Esposito. Secondo Ciro Gilardi, che si appresta a un doppio debutto, sulle tavole del Massimo cittadino e col teatro brechtiano, nel ruolo del protagonista, «sposare Brecht e Tarantino vuol dire anche modernizzare il linguaggio».
Tra gli altri interpreti principali, Ascanio Ferrara vestirà i panni di Jonathan Jeremiah Peachum, mentre il ruolo di Celia Peachum – La moglie di Peachum, che l'aiuta negli affari – è affidato a Carla Avarista e quello di Polly Peachum a Meri Cannaviello. Roberto Lombardi interpreterà Jackie "Tiger" Brown, capo della polizia di Londra e miglior amico di Mackie dai tempi dell'esercito, la cui figlia, Lucy Brown, che afferma di essere sposata a Mackheath, sarà impersonata da Adriana Fiorillo. Infine Cristina Recupito sarà Jenny Diver, una prostituta che ha avuto una relazione con Mackie, ma a causa di un inganno finisce per tradirlo, e Igor Canto interpreterà Mattia della Zecca.

Gli attori sono stati seguiti dalla vocal trainer Silvana Noschese. Nello spettacolo si alternano infatti momenti di prosa a momenti musicali e cantati. La musica di Kurt Weill, che in quest'occasione sarà eseguita dal vivo con la direzione del maestro Roberto Marino, al quale si devono anche la concertazione e gli arrangiamenti, si ispira al cabaret e al jazz e ha contribuito sensibilmente al successo e alla fama dell'opera brechtiana. Ermanno Guerra ha dichiarato di aspettarsi molto da questa operazione, la quale ben rappresenta la vivacità culturale che caratterizza la nostra città in questo momento storico, e ha lodato anche l'intento, perfettamente riuscito, di aggregare molte delle professionalità presenti nel contesto cittadino. Per la prevendita biglietti ci si potrà rivolgere al botteghino del Teatro oppure alla sede dell'associazione Mumble Rumble, in Via Vincenzo Loria n° 35.

domenica 5 gennaio 2014

Per un nuovo anno fatto della materia dei Sogni

Di Aristide Fiore
Esibizione del gruppo Daltrocanto.
Esibizione del gruppo Daltrocanto.
(Foto: A. Fiore)
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 3 gennaio 2014, p. 9.]
In attesa del nuovo anno alcuni protagonisti del panorama culturale della nostra città si sono dati appuntamento nella piccola chiesa di Santa Apollonia, risalente al XVI-XVII secolo, per rinnovare idealmente l'antica cerimonia dell’auspicio, con la quale nel mondo etrusco e poi romano si cercava di conoscere la volontà degli dèi mediante l'interpretazione di fenomeni naturali o l'esame delle interiora degli animali sacrificati. Richiamando anche nella loro struttura essenziale lo schema tipico della scienza divinatoria, gli interventi che si sono succeduti lo scorso 31 dicembre, intervallati dalle esibizioni del gruppo musicale Daltrocanto, partivano dall'analisi di un aspetto della realtà contemporanea e si concludevano con un augurio che fornisse al tempo stesso uno spunto per superare i problemi così individuati, secondo un rito collettivo finalizzato a superare l'individualità e fare comunità, in uno spazio solitamente dedicato all'arte, alla musica e al teatro, nel quale a ciascuno è stata concessa ampia libertà nella scelta del linguaggio: recitazione, racconto, canto, musica, declamazione di versi ecc., tutti i mezzi disponibili attraverso i quali gettare un seme per «coltivare simbolicamente il terreno della speranza».
Con l'invito di Mons. Claudio Raimondo, priore della parrocchia di Santa Trofimena nell'Annunziata, al riconoscimento dell'altro e alla vicendevole infusione della speranza e gli ispirati versi declamati da Ernesto Scelza con accompagnamento musicale, si è dato inizio alla manifestazione. Coordinati da Erminia Pellecchia, gli “aruspici” si sono esercitati nella difficile arte di trovare il futuro attraverso il presente, secondo l'esempio di Pasolini citato da Andrea Manzi. La rievocazione dell'ennesimo suicidio di un disoccupato si è dunque trasformata, nelle parole di Luigi Ciancio, in racconto augurale che riafferma il diritto a vivere e a tenere in vita il diritto al di sopra del puro interesse. L'antropologo Paolo Apolito ha auspicato innanzitutto che l'iniziativa in questione non costituisca un caso isolato, ma che diventi un appuntamento abituale e foriero di nuovi spunti. Ha poi dichiarato che è giunto il momento di ritrovare una capacità acritica di dialogo, cioè la sospensione del giudizio a favore dell'ascolto, per tradurre visioni e pensieri dalla dimensione interiore a quella esteriore, focalizzandosi sulla bellezza e l'importanza della relazione, che lo studioso ha felicemente paragonato a un «passo di danza collettivo», piuttosto che soffermarsi sulle inevitabili, a volte inconciliabili, differenze di idee e concezioni del mondo. Si rende necessaria, a tal proposito, secondo il critico teatrale Franco Tozza, la mediazione tra l'etica e l'estetica della compiacenza, molto in voga al giorno d'oggi, e l'apporto dissonante ma costruttivo dell'assertività. La storica dell'arte Paola Capone ha sottolineato invece l'importanza del superamento del concetto di tolleranza, limitato in quanto presuppone la subordinazione a modelli prestabiliti, finalizzato alla valorizzazione della dimensione della multiculturalità, che si fonda su un'apertura che consente un arricchimento reciproco.

Dopo un divertente intermezzo satirico offerto da Pasquale De Cristofaro, che ha presentato due testi scritti in collaborazione con Rino Mele, e il saluto di Valerio Falcone, in rappresentanza della Fornace Falcone, da sempre impegnata al sostegno e alla promozione dei talenti artistici offerti dal nostro territorio, la meditazione sulla bellezza e la forza della relazione è proseguita con la testimonianza dell'Avv. Guglielmo Sgarlato, incentrato sulla tenerezza e basato su esperienze personali nella sfera degli affetti famigliari e nella cerchia delle amicizie: «vagoni di umanità» carichi di tenerezza dimostrata non solo attraverso i gesti, ma anche nel più completo dono di sé. Certamente ha fatto dono di sé Nello Tornitore, dedicandosi alla crescita dei giovani attraverso l'associazione DivertiVento, da anni impegnata nella diffusione della cultura marinara e nella promozione della solidarietà. Il suo augurio per Salerno è che «diventi sempre più una città di mare, piuttosto che una città sul mare», ovvero che si riesca a recuperare un rapporto vivo, ricco di implicazioni positive, con un elemento che non può esser visto solo nella sua dimensione geografica, come separatore di territori.