sabato 18 gennaio 2014

Sul Flauto magico il sigillo di Pap Eri Samb

Di Aristide Fiore
Tamino.
Tamino (foto: A. Fiore).
[Pubblicato su Le Cronache del salernitano, 12 gennaio 2014, p. 11.]
L’Orchestra di Piazza Vittorio, un encomiabile esempio d’integrazione culturale attraverso la musica, mette in scena al Massimo cittadino Il Flauto magico, ispirato all'opera omonima di W.A. Mozart: uno spettacolo completo che, confermando le attese, ha incontrato il favore del pubblico.
La rielaborazione musicale di Mario Tronco e Leandro Piccioni si spinge fino a costituire un caleidoscopio sonoro, che rispecchia, anche nella strumentazione, la varietà del retroterra culturale 
Papageno.
Papageno (foto: A. Fiore).
dei musicisti, i quali, come è noto, provengono da diversi paesi, così come diverse sono anche le lingue tramite le quali è raccontata questa favola musicale: al testo declamato in italiano da un vivace e spiritoso narratore, al quale sono affidate l'illustrazione della trama e il raccordo fra le scene, si alternano le parti cantate in arabo, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese ecc.
Lungi dal risultare frammentaria e incomprensibile, la versione dell'ensemble "romana", sviluppata a partire da un'intuizione di Daniele Abbado, celebra la bellezza e la ricchezza dell'odierna società multietnica, capace di amalgamare molteplici riletture di un classico e infondergli nuova linfa.

La regina della notte.
La regina della notte (foto: A. Fiore).
Il dubbio che si tratti di una semplice esecuzione dell'opera in forma di concerto è presto fugato dalle scenografie e dai ruoli degli stessi esecutori. Le proiezioni, coordinate su tre schermi, che combinano gli acquerelli e le animazioni di Lino Fiorito, trasportano immediatamente gli spettatori in una dimensione fiabesca e li conducono in luoghi immaginari, versione universale, più ancora che cosmopolita, dell'Egitto fantastico tratteggiato nel testo musicato da Mozart. Infine sono gli stessi musicisti che, semplicemente indossando i costumi di Ortensia De Francesco, danno vita ai personaggi, anch'essi trasformati, come l'inedito Tamino di Ernesto Lopez Maturell, virtuoso del fischio, e l'esilarante Papageno di Pap Eri Samb, che conquista subito la simpatia del pubblico ponendo in atto uno spiritoso espediente sonoro che cita lo spartito mozartiano. 
Pamina.
Pamina (foto: A. Fiore).
Felice, da questo punto di vista, anche l'interpretazione di Sarastro, un solenne Carlos Paz, che nella figura e nel portamento riesce a esprimere al tempo stesso sacralità e eleganza, miste a un'inquietante aria stregonesca. Si tratta tuttavia del Sarastro che impone le tre prove iniziatiche, lontano dall'atmosfera della scena precedente, nella quale si riassume il suo intervento risolutivo attraverso una divertente sequenza di diapositive, che ricordano i vecchi fotoromanzi. Si innesta così un meccanismo dissacratorio, che porta la Regina della notte, interpretata da Petra Magoni, dall'aura misteriosa e potente della prima parte al duetto finale con Sarastro, che sembra ambientato in un locale notturno cubano.
Sarastro.
Sarastro (foto: A. Fiore).
Anche l'epilogo della vicenda segue lo stesso schema, come mostra la sorprendente confusione di ruoli fra Papageno e Tamino, il quale finisce per concludere il celebre duetto con Papagena, letteralmente fusa con Pamina (Sylvie Lewis), davanti a un perplesso Papageno. Un colpo di scena che sembra voler affrancare la storia dall'originaria dimensione mistica, collocandola nella sfera concreta di un romanzo di formazione.

Nessun commento:

Posta un commento