L'epoca
d'oro della canzone napoletana e la tradizione dei café chantant
rivivono in “Rosy D’Altavilla. L’amore oltre il tempo”, uno
spettacolo scritto e diretto da Paolo Vanacore, interpretato
magistralmente da una poliedrica Carmen di Marzo, che, grazie alla
rassegna Out of Bounds, curata da Licia Amarante e Antonella
Valitutti, giunta alla quarta edizione, è stato riproposto con
successo al pubblico salernitano.
Al
centro della vicenda rappresentata c'è Rosetta, impiegata come
bidella in una scuola di Napoli; una donna sola di umile condizione,
che custodisce gelosamente il ricordo dettagliato di una vita
precedente: uno strano segreto che, se rivelato, potrebbe procurarle
un grande imbarazzo o addirittura dei guai. L'amore tuttavia apre
tutte le porte. A Rosetta basta notare un alunno che cerca
continuamente di allontanarsi dall'aula per incontrare una ragazzina
che diserta le lezioni con pretesti analoghi, per aprire l'armadio
dei ricordi della sua vita anteriore e confidarsi col ragazzo. Nessun
altro è in scena. Farci immaginare, quasi avvertire la presenza
dello studentello è un compito interamente affidato alla bravura e
alla naturalezza dell'attrice. L'accenno al proposito di fare la
serenata alla ragazzina rivela le doti canore della bidella, che
ormai non può più trattenersi dal cantare e confessare il suo
segreto, quasi per giustificare il talento riposto in una persona
comune, anonima, da lei ritenuto evidentemente ancor più
improbabile.
Una
ricerca condotta da Alessandro Panatteri, autore e esecutore delle
musiche originali, ha
permesso il recupero di canzoni di un secolo fa, le quali, pur avendo
riscosso grande successo all'epoca e pur possedendo la stessa qualità
di altre composizioni tuttora note e continuamente eseguite con
invariato riscontro, sono scomparse innanzitutto dalla memoria
collettiva, sopravvivendo soltanto attraverso qualche vecchio
spartito ingiallito. A partire da queste composizioni, tredici per
l'esattezza, cantate ottimamente dal vivo dalla stessa Carmen
di Marzo, accompagnata al pianoforte da Panatteri e al flauto da
Fabio Angelo Colajanni, si dipana la storia di Rosy D'Altavilla, la
chanteuse che visse due volte. Smessi i panni di Rosetta, sostituiti
rapidamente a scena aperta da quelli di una diva della canzone sul
finire della belle époque, è la stessa protagonista, che si
racconta. Una giovinetta di più di cent'anni fa, anche lei di umili
origini, rivela le sue doti canore grazie all'abitudine di cantare
spontaneamente, spinta dalla gioia di vivere e, più tardi, anche
dall'amore per Alfonso. Notata da una coppia di impresari del café
chantant, si ritrova all'improvviso sulla ribalta in uno degli
affollatissimi locali che a Napoli si giovarono della fortuna di
questo genere di spettacolo. Mettendo da parte la paura e la
preoccupazione per l'eventuale disapprovazione dell'amato, lei
affronta il pubblico e, seguendo il destino di tanti “dilettanti
allo sbaraglio”, che ebbero in tal modo l'occasione di cambiare la
loro vita, avvia una carriera ricca di successi e proiettata anche
sulla scena internazionale, proprio mentre la guerra infuria e le
porta via il suo Alfonso. Sfumata la speranza del ritorno dell'amato,
che non dimenticherà mai, Rosy prosegue la sua parabola artistica e
umana. Con l'ultima canzone, quel bel mondo rutilante svanisce
insieme a Rosy, che, tornata a essere la semplice Rosetta, si avvia
verso la rivelazione che ricollega le due vite in un epilogo amaro.
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