Di Aristide Fiore
[Pubblicato su Le
Cronache del Salernitano, 15 marzo 2014, p. 12]
Calorosi applausi hanno
salutato l'approdo di Penso che un sogno così... al massimo
cittadino. In questo spettacolo, scritto da Beppe Fiorello e Vittorio
Moroni, e diretto
da Giampiero
Solari, si ribalta il punto di vista della fiction
“Volare”, uno dei successi televisivi dell'attore catanese: la
carriera di Domenico Modugno (Mimì) viene ripercorsa stabilendo un
parallelo tra la storia del cantautore salentino e quella di un
operaio ferroviario catanese, «un
ragazzo con due baffi da moschettiere e gli occhi pieni di speranza»,
a lui straordinariamente somigliante e come lui dotato di talento
canoro: il padre di Beppe, che rievoca entrambe le vicende attraverso
i suoi ricordi d'infanzia. I vari episodi di vita
familiare, alternati con le contemporanee vicissitudini di Modugno,
sono scanditi da alcune delle sue canzoni più famose, interpretate
da Fiorello con uno stile “più vero del vero”, molto al di là
di una semplice imitazione, e quasi tutte accompagnate dal vivo da
Daniele Bonaviri, Fabrizio Palma e dall'attore stesso, nell'insolita
veste di percussionista. Si parte con le canzoni dialettali, quelle
degli esordi, che rivelarono la novità di un repertorio che,
attraverso figure di animali e lavoratori, si faceva interprete della
realtà preindustriale, destinata, nei decenni successivi, a essere a
poco a poco trasformata dal decollo dell'economia. Alcune di esse
sembravano fatte apposta per descrivere le situazioni vissute dalla
famiglia Fiorello: dai lunghi viaggi in auto, che in realtà
coprivano poche decine di chilometri, alle riunioni famigliari,
accompagnate da interminabili mangiate condite coi racconti dei
commensali, alle feste patronali, monopolizzate da un notabile che
aveva fatto fortuna in America, ai personaggi curiosi, sul conto dei
quali circolavano strane dicerie. E fu proprio grazie a uno di loro,
un presunto lupo mannaro soprannominato “'o lupinaro”, in realtà
un innocuo signore basso e grassoccio, timoroso della propria moglie,
che il piccolo Beppe entrò in contatto con le canzoni di Modugno. In
cambio di un po' d'aiuto, fornito con riluttanza dal bambino
intimorito, l'ometto gli regalò la prima cosa che gli capitò sotto
mano: un logoro disco a quarantacinque giri con “Nel blu dipinto di
blu”, la canzone giusta al momento giusto, per un popolo che si
accingeva a spiegare le ali e lanciarsi verso il boom economico. Dai
ripetuti ascolti, attraverso i dischi, la radio, la televisione e le
interpretazioni di quel padre così somigliante al grande Mimmo,
nacque il sogno che ha portato un bimbo incompreso, preso in giro da
tutti per la sua riservatezza, a impersonare il cantautore prima in
televisione e poi in teatro, fino a raggiungere un “effetto
presenza” che ha davvero emozionato il pubblico, come dimostrato
dai frequenti applausi “a scena aperta”.
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